Scritto da Davide Terzi PT, DO, MRoi
Sentiamo spesso parlare di stress, questo termine entra quotidianamente nella nostra sfera sociale, relazionale ed inevitabilmente in quella organica, sotto forme diverse e con un’incidenza soggettiva.
Esistono al momento diverse definizioni di Stress, quasi tutte sovrapponibili e concordi a sottolineare come l’aspetto clinico sia il più rilevante, ovvero la nostra reazione e la nostra capacità di adattarci alle situazioni stressogene.
- È questo sicuramente l’aspetto che interessa maggiormente chi oggi si trova ad affrontare una valutazione funzionale ma non solo; in un contesto clinico di approccio Bio-Pisco-Sociale al paziente l’aspetto emotivo gioca un ruolo sicuramente rilevante assieme alla condizione prettamente clinica.
Sappiamo dunque il suo ruolo e la sua influenza, ma qual è il sistema che regola questa nostra capacità di reagire in maniera adeguata alle situazioni stressogene e che ci permette di affrontarle con prontezza?
Partiamo innanzitutto evidenziando che esistono diversi tipi di stimoli stressogeni: chimico-fisici ed emotivo-cognitivi.
In una situazione di stress emotivo la risposta corporea è soggettiva e lo stimolo di carattere cognitivo attiverà il nostro organismo, portandolo in una condizione tale per trovare le risposte fisiologiche e comportamentali più adeguate alla risoluzione del contesto stressante.
Lo stress pertanto non deve essere considerato necessariamente con un’accezione negativa, anzi di base è fondamentale per avere una reazione corretta agli stimoli che possono pervenire dal nostro interno ma anche dall’ambiente che circonda.
Rispetto ad altre specie animali che hanno una risposta semplicemente più organica rispetto alla nostra, l’essere umano ha una capacità di elaborazione dello stimolo stressogeno, in particolar modo nell’adulto, sicuramente più elevata, grazie alle nostre conoscenze ma soprattutto per il fatto che questa reazione è filtrata da un vissuto, da una memoria e dunque dalle nostre esperienze personali.
L’asse dello stress: HYPOTHALAMIC – PITUITARY – ADRENAL AXIS (HPA)
Esistono due risposte combinate fra loro che coinvolgono da un lato il Sistema Neuroendocrino e dall’altro le Aree Corticali, queste ci permetteranno di avere una risposta comportamentale adeguata al contesto stressogeno. L’Ipotalamo nello specifico, secernendo CRH (Corticotropin-Releasing Hormone) fa sì che a sua volta l’Ipofisi vada a rilasciare ACTH (Adreno-corticotrophic Hormone) che a livello della Corteccia delle Ghiandole Surrenali permetterà il rilascio di Cortisolo, tipico marker antinfiammatorio nella valutazione clinica dello Stress.
Dai nuclei paraventricolari dell’Ipotalamo arrivano informazioni invece direttamente al Locus Coureuleus che è il centro principale di rilascio di noradrenalina, da qui parte una via efferente che non fa sinapsi e arriva direttamente questa volta alla Midollare del Surrene innescando il rilascio di catecolamine (adrenalina, noradrenalina e dopamina).
A quel punto le Catecolamine e il Cortisolo rilasciati entreranno in circolo e uno dei loro target principali sarà il Sistema Immunitario. Quest’ultimo in una situazione di stress fisiologico si attiva rilasciando Citochine pro-infiammatorie (nello specifico IL-1, IL-6, TNF) che per via umorale e nervosa arrivano poi al nostro cervello in direzione dei loro specifici recettori a livello ipotalamico ed ipofisario.
Questo network d’informazioni neurobiologiche si riattivano nuovamente nel momento in cui la risposta infiammatoria non fosse sufficientemente adeguata. L’ipotalamo rilascia ancora CRH ed in sequenza gli altri mediatori chimici descritti prima.
Nel momento in cui questi mediatori si troveranno in circolo in adeguata quantità i suddetti recettori ipotalamici daranno indicazione all’asse di disattivarsi.
Questo è quello che accade in un efficiente meccanismo di autoregolazione.
IMPORTANTE Bisogna ricordare che in una condizione di normalità le informazioni provenienti dalla periferia che raggiungono l’ipotalamo non stimolano solamente l’asse HPA, ma si attivano e si disattivano (a seconda dei differenti tipi di meccanismo specifico) anche altri assi neuroendocrini interessati alla formulazione della risposta più adeguata agli stimoli in atto in quello specifico contesto e alle necessità che avrà di conseguenza il mio organismo.
L’asse Ipofisi-Tiroiedea ad esempio è sicuramente una delle più note per le disfunzioni che in una situazione di stress cronico può portare in ambito endocrinologico per quanto concerne i livelli ematici di ormoni tiroidei, oppure in ambito questa volta andrologico l’asse con le Gonadi, che nella medesima condizione, cioè se sottoposta alla necessità di una risposta ormai cronica a costanti stimoli stressogeni potrebbe avere la tendenza a disattivarsi e a portare pertanto a problematiche come impotenza o disturbi addirittura della fertilità.
Altri esempi attualmente molto noti come incidenza sono quelli legati al Sistema Gastro-Enterico dove, in tale ambito, in una condizione di stress cronico possono emergere con grande facilità disturbi di vario tipo e di valenza clinica.
Si può pertanto intuire come questo meccanismo di autoregolazione sia davvero complicato e meritevole di attenzione, soprattutto per quanto riguarda le funzioni che avranno le cellule immunitarie una volta stimolate, cellule che normalmente devono far fronte anche a stimoli stressogeni organici e non di carattere cognitivo come ad esempio la presenza di Virus e Batteri. In questi casi il Sistema Immunitario dovrà rispondere a maggior ragione con un’azione di rilascio di citochine specifica e adeguata.
La reazione fisiologica del nostro organismo ad una qualsiasi condizione patologica, assieme alle nostre esperienze personali di vissuto e alle nostre conoscenze scientifiche normalmente ci porta ad avere dei comportamenti adeguati alla nostra circostanza (come nel caso della febbre, si avrà un innalzamento della temperatura corporea e la reazione comportamentale normale sarà quella di mettersi a letto).
Ma cosa succede in una condizione di stress cronico? In questa situazione, soprattutto nei soggetti in cui la risposta allo stress o comunque la capacità di adeguarsi alle situazioni stressogene non è molto performante, il meccanismo di autoregolazione comincia a non lavorare più correttamente. Si crea de facto una sovrastimolazione da parte dei vari mediatori chimici elencati prima, a livello ipotalamico ed ipofisario si avrà invece una riduzione dei recettori, pertanto uno scorretto feedback di segnalazioni che arriveranno dalla periferia, e quindi un’alterata ricezione della reale necessità della presenza di tutti quei specifici mediatori chimici utili ad affrontare in maniera adeguata l’agente stressogeneo, sia esso cognitivo o chimico-fisico.
Essendoci meno recettori si avrà dunque a livello centrale la sensazione che la risposta non sarà stata adeguata o comunque troppo poco incisiva e quindi si continuerà ad attivare l’asse dello stress che andrà de facto in una sorta di cortocircuito che si rifletterà inevitabilmente anche su tutti gli altri assi regolatori.
RAGIONAMENTO CLINICO sarebbe sempre opportuno poter inquadrare durante la nostra valutazione lo “stato di stress” in cui si trova il paziente, o meglio, poter valutare la sua specifica abilità di adattarsi ai cambiamenti e quindi anche agli agenti stressogeni. In questo modo si potrebbe impostare una valutazione più corretta ed un trattamento più efficace nell’immediato, più duraturo nel tempo e quando possibile risolutivo.
Non si curerebbe quindi il sintomo ma la sua causa e le relative concause al fine di accopagnare il paziente verso una condizione migliore di salute.
Referenze
“La PNEI e le discipline Corporee” (DISCO-PNEI) di Barsotti, Lanaro, Chiera, Bottaccioli 2018