L’enigma della Disfunzione Somatica: La chiave della professione osteopatica è ancora tutta da definire

Dopo una lunga attesa, il decreto interministeriale del 1 Dicembre 2023 ha sancito definitivamente l’ordinamento didattico del corso di laurea in osteopatia.

Leggendo la nuova norma descrivente il profilo professionale balza subito all’occhio questa parte: “nell’ambito della professione sanitaria dell’osteopata, il laureato è quel professionista sanitario che svolge interventi di prevenzione e mantenimento della salute attraverso il trattamento osteopatico di disfunzioni somatiche (DS) non riconducibili a patologie nell’ambito dell’apparato muscolo scheletrico”.

Ma cos’è la disfunzione somatica?

L’International Classification of Diseases (ICD) della World Health Organization, riconosce la DS catalogandola all’interno del suo rinomato elenco in associazione a differenti aree corporee1. Il glossario di terminologia osteopatica definisce la DS come una funzione compromessa e alterata delle componenti connesse al sistema somatico quali strutture scheletriche, articolari, mio-fasciali ed elementi correlati vascolari, linfatici e neurali2.

Analizzandone la definizione del glossario si potrebbe ipotizzare che la DS sia innescata da un “evento” (trauma, serie di microtraumi, stile di vita) in cui una o più strutture corporee, interconnesse tra di loro e reciprocamente influenzate, alterano la funzionalità di un’area anatomica producendo o meno un sintomo. Come sottolineato dal decreto la DS non è associata ad una patologia e la letteratura non supporta ancora il ruolo della DS (quindi dell’osteopatia) in ambito preventivo3.

Se la definizione della DS lascia adito ad alcuni dubbi e diverse possibili interpretazioni, l’aspetto clinico non è da meno.

Come fanno gli osteopati ad identificare la disfunzione somatica?

Uno dei grandi temi per chi si occupa di ricerca osteopatica (per un breve periodo ho dato anche io un piccolo contributo) prima ancora della definizione della DS, è fondamentale capire come riconoscerla attraverso la palpazione. Da Still passando per Sutherland e Korr fino ad arrivare ai giorni nostri, la valutazione manuale della DS ha incontrato molte difficoltà e poche prove reali della sua esistenza. Ad oggi il metodo più utile, il più insegnato nelle scuole e sicuramente il più utilizzato in ambito clinico per condurre l’assessment palpatorio, è il famoso acronimo TART.

What does it mean?

TART è l’acronimo di Tissue texture changes, Asimmetry, Range of motion restriction e Tenderness.

Analizziamo uno ad uno:

Tissue texture changes: l’alterazione della consistenza dei tessuti in osteopatia è da sempre considerata come un indicatore diagnostico di una possibile disfunzione somatica4 ma la natura di questa variazione rimane tuttora poco chiara e largamente teorica5. Gary Fryer, uno dei ricercatori in ambito osteopatico più noti a livello internazionale, ha indagato l’attività elettromiografica dei muscoli paraspinali identificati come normali o anormali attraverso la palpazione6. I dati che emergono non rilevano però un’associazione tra l’aumento dell’attività EMG e la palpazione anormale, suggerendo quindi la possibilità che la variazione della consistenza tessutale sia mediata da processi infiammatori o dalla congestione di liquidi.

Asimmetry e ROM restriction: oltre alle già note difficoltà legate alla riproducibilità della palpazione intra ed inter-esaminatore, l’asimmetria ed il ridotto ROM sono dei dati clinici che possono essere già presenti tra i due lati corporei. Le differenze posizionali e di movimento possono avere origini genetiche, traumatiche o biomeccaniche e non sono per forza riconducibili a patologie o disfunzioni corporee.

Tenderness: il dolore e la sua percezione sono fenomeni individuali legati alla soggettività della persona. La valutazione della dolorabilità non dovrebbe prevedere il solo modello esterocettivo ma si rende necessario un approfondimento maggiormente incentrato sulle nuove acquisizioni scientifiche nel campo delle neuroscienze.

In conclusione cosa si può affermare?

Ad oggi, la DS rimane un grande punto interrogativo e di dibattito sia in ambito clinico che scientifico. I principi filosofici caratterizzanti l’osteopatia, senza dubbio affascinanti come quelli di tante discipline olistiche, se da un lato esaltano la professione dall’altro la espone inevitabilmente a frequenti critiche. I detrattori dell’osteopatia sottolineano la carenza di evidenze e la scarsa qualità di quelle presenti, etichettando l’osteopatia come pseudoscienza.

Nell’anno del 150° anniversario, l’osteopatia in Italia s’inserisce prepotentemente all’interno della medicina tradizionale, siamo così certi che sia la collocazione migliore? Andrew Taylor Still coniò l’acronimo DO per identificare gli osteopati, DO significa “Dig On” ovvero scavare, approfondire, crescere, ricercare. Ed è dalla ricerca sulla DS che bisogna partire per ridurre le “eminenze” ed aumentare le evidenze. 

References

  1. ICD-10-CM Diagnosis Code M99.0: Segmental and Somatic Dysfunction. 2021. [(accessed on 22 July 2021)]. Available online: https://www.icd10data.com/ICD10CM/Codes/M00-M99/M99-M99/M99-/M99.0
  2. Giusti R. Glossary of Osteopathic Terminology. 3rd ed. AACOM; Bethesda, MD, USA: 2017
  3. Osteopathic manipulative treatment for nonspecific low back pain: a systematic review and meta-analysis Helge Franke, Jan-David Franke & Gary Fryer (2014)
  4. H.P. Greenman. Principi di medicina manuale (1996)
  5. Muscle energy technique for non-specific low-back pain. Franke H, Fryer G, Ostelo RW, Kamper SJ.Cochrane Database Syst Rev (2015)
  6. Paraspinal muscles and intervertebral dysfunction: part two. Fryer G, Morris T, Gibbons P.J Manipulative Physiol Ther (2004)

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